NAPOLI - Prima il verde, poi il bianco e infine il rosso: è sfumato il tricolore. Dopo Kim e Osimhen, è andato via anche il terzo simbolo dello scudetto: Khvicha Kvaratskhelia ha salutato compagni, amici e parenti, s’è preso una foto con tutte le firme dei ragazzi della squadra, ha tenuto un bel discorso dispensando baci e abbracci e se n’è andato a Parigi con i sogni in valigia. E un compito arduo: sostituire Mbappé. Napoli pensava fosse amore e così è stato, ma il calesse è partito lo stesso. Paris je t’aime: quarto affare dal 2012 con il Psg dopo Lavezzi, Cavani e Fabian, per un totale di quasi 190 milioni di euro. Anche Antonio Conte, l’uomo che l’aveva blindato con la tenacia del mediano che non smetterà mai di infuocare il suo animo e le sue gambe, alla fine s’è arreso all’evidenza: il calcio funziona molto spesso come i rapporti di coppia, e quando una coppia scoppia è quasi sempre inutile rimettere insieme i cocci. Però, come sempre, la coppia ci ha riprovato per un po’ di mesi. Ma non è andata, non ha funzionato. E così, Napoli ha visto Kvaratskhelia detto Kvaradona - senza sdegno o accuse di lesa maestà, da notare la concessione popolare - e poi l’ha accompagnato al calesse (al jet, un volo privato). E in tanti, al momento dell’accordo quinquennale con il Psg a 8,5 milioni a stagione con ingaggio a salire, l’hanno insultato al tramonto rosso fuoco di rabbia: inutile, insensato, tipico degli amori sgretolati. Un po’ comprensibile, ma tutto ha un limite. E ora basta: Kvara ha onorato il Napoli e Napoli dal primo all’ultimo giorno e il Napoli e la città hanno ricambiato allo stesso modo. Le questioni contrattuali sono state decisive, certo, ma il calcio è un lavoro e ognuno ha compiuto rispettabili scelte. Ora il problema sarà rimettere talento e qualità nella voragine aperta all’interno di una squadra prima in classifica e impegnata con ambizione nella lotta scudetto. Perché d’accordo tutto, baci e sputi virtuali, ma il Napoli ha perso un campione e un artista del pallone.
Cristiano Giuntoli, il ds dello scudetto, lo acquistò a primavera (2022) firmando una delle operazioni più geniali della storia del calciomercato: 11 milioni di euro, 1,2 milioni d’ingaggio. Il più forte della rosa, il meno pagato. Un vanto che negli anni è diventato zavorra, fino ad affondare l’ultima regale proposta di rinnovo del club: stipendio a salire da oltre 6 milioni di media, clausola da 75 milioni. Aspetti economici collaterali l’hanno fatto saltare, ma ormai è andata. Resteranno nella storia 107 partite, 30 gol (il primo al Verona) e 29 assist in tutte le competizioni da agosto 2022 a gennaio 2025. Lo scudetto firmato con l’Oscar da protagonista insieme con Osimhen, Kim e gli altri. Kvara e Osi sono stati magici senza essere MaGiCa. Legittimi eredi di Diego e Careca, Diego e Giordano, Diego e Carnevale. Kvara ha dipinto calcio, volando come Peter Pan e pungendo come Ali. Inventando dribbling e gol pazzeschi o impossibili, come quello con l’Atalanta al Maradona, anno di grazia tricolore: lui che ondeggia tra sette birilli in area più il portiere. Uno contro tutti. Fantascienza. Poesia, invece, è stato l’omaggio al Murale di Maradona ieri notte. L’ultima luna napoletana, l’ultimo tango di Kvaradona. Inchino.
Breve ma intenso, con occhi lucidi, è stato invece il saluto alla squadra: ieri è arrivato a Castel Volturno per l’ultima volta, ha riunito i compagni in sala video, ha pronunciato un discorso in inglese e li ha abbracciati tutti. Uno per uno. E ha abbracciato Conte, gli uomini degli staff e i dipendenti entrando in ogni ufficio della sede. Anche il tecnico ha fatto un breve discorso dedicato a lui, con in bocca al lupo e sincero dispiacere. Poi, via sul van nero guidato da suo cugino: il volo per Parigi è pronto. Il capolista se ne va. Adieu, Kvara. Anzi: mshvidobit. Che in georgiano significa addio.